Ti racconto una varietà: l’Olivona
In provincia di Avellino, la chiamano Ravece. Nel Beneventano, si chiama Ortice. Nicolangelo Marsicani decide di tagliare la testa al toro e di chiamarla Olivona. “Così non facciamo torto a nessuno.” mi dice. Sono quasi cent’anni che l’azienda agricola Marsicani produce e commercializza olio extravergine di oliva. È per questo, forse, che per Nicolangelo Marsicani le olive fanno parte della famiglia a tutti gli effetti.
Quando gli chiedo di parlarmi dell’Olivona, Nicolangelo mette subito le mani avanti. Il perché, lo capisco poco dopo: “Vuole sapere la verità? Anche se sono un cinquantenne felicemente sposato, in realtà io sono un poligamo” esordisce. Chi siano le sue amatissime concubine, è chiaro come il sole. Le cultivar che hanno scandito le tappe della sua storia come le lancette di un orologio spiccano ognuna con la sua precisa individualità, ma di fatto formano un harem. Impossibile parlare di una senza fare riferimento all’altra! I grandi poligami sono così.
Confessioni di un poligamo. La danza delle varietà
“L’Olivona è un punto d’arrivo. Non bruciamo le tappe: andiamo con calma. Come faccio a raccontarle la mia ultima passione senza parlarle del mio primo amore? All’inizio si sa: si comincia sempre con l’innamorarsi della fanciulla sotto casa. Quella con cui giochi da bambino e che poi vedi crescere con te. Il mio primo amore è stata Donna Frantoia come la chiamano i toscanacci per distinguerla dal Frantoio vero e proprio. Poi, ecco che la mia terra mi ha regalato nuove emozioni ed è arrivata lei, la Pisciottana. Una donna maestosa, dal piglio sanguigno: la regina degli oli selvaggi, non amabili. Sa quelle donne di campagna che o le ami o le odi? Il temperamento della Pisciottana è proprio quello.”
Nicolangelo parla con quella cantilena dorata, un po’ oscillatoria, tipica del Cilento. Un’altalena di suoni. Entro anch’io nel vivo del gioco: “Insomma, come si suol dire: moglie e buoi dei paesi tuoi, giusto?” “Eh no!” ribatte deciso “Qui stiamo parlando di concubine. E con le concubine vale un altro detto, quello che dice che l’erba del vicino è sempre più verde. Insomma, prima o poi capita che inizi a buttare l’occhio fuori dal recinto di casa, frequenti altri luoghi, incontri altre donne e te ne innamori. E’ successo anche a me. Nel Lazio ho incontrato l’Itrana . In Puglia mi sono innamorato della Peranzana e della Coratina. E poi...”
Il ratto dell’Olivona
E poi capita che, strada facendo, uno si imbatta nella classica perla rara. Quella che se ne sta un po’ appartata per conto suo, non si mischia agli altri e brilla di luce propria, in un’alcova di silenzio. “Tutta bella è, l’amica mia” recita un’antica antifona gregoriana. Nicolangelo parla dell’Olivona in questi termini, come se fosse una vergine difficile da carpire, assorta nella purezza del proprio hortus conclusus.
D’altra parte, si tratta di una cultivar molto poco diffusa: piantata, a suo tempo, nei territori più impervi perché resistente al freddo, l’Olivona è troppo poco produttiva per le esigenze e i ritmi attuali. Ecco perché trovarla, oggi, è così difficile. L’Olivona cresce indisturbata negli appezzamenti di piccoli paesini dispersi nel nulla. Territori in cui la raccolta si fa ancora a mano e le olive poi vengono portate al frantoio più vicino: il tipico frantoio di paese che nella maggior parte dei casi finisce per rovinarle. Un po’come dare in moglie una perla rara a un uomo troppo semplice e rude per saperla apprezzare.
“Le dico la verità: è stata quasi una sofferenza. È come quando ti innamori corpo e anima di una donna bellissima ma lei ti sfugge e non riesci mai a farla tua. Con l’Olivona, le carte che potevamo giocarci erano ben poche. Impiantarla nelle nostre terre era un processo troppo lungo e troppo arduo. Ce ne sono poche di queste olive, pochissime. Insomma, ci rimaneva una sola cosa da fare: organizzare un ratto, come quello delle Sabine. Ed è quello che abbiamo fatto. Siamo andati in terra d’altri e abbiamo mercanteggiato un matrimonio di convenienza. Le dirò che non è stato facile. Per organizzare la raccolta, siamo andati al bar del paese la domenica mattina e abbiamo letteralmente assoldato i vecchietti del posto. Doveva vederli, quando sono arrivati in massa, armati di scala e rastrello. A fine giornata avevamo raccolto solo tre tonnellate di olive ma capirà: mi sono sembrate una fortuna.”
E poi? Glielo chiedo come se mi aspettassi il classico “e vissero felici e contenti”. E Nicolangelo, me lo regala: “… E poi ce la siamo portata a casa, la nostra vergine rapita. L’abbiamo tratta con i guanti di gialli (pardon, di velluto!), per il matrimonio abbiamo prestato il frantoio allestito nel migliore dei modi, vestito a festa, e abbiamo consumato l’atto. Il risultato è stato un olio sfavillante e intenso, con una presenza maestosa ed elegante al tempo stesso. Un vero arcobaleno di sfumature che sanno di pomodoro, erba tagliata, lattuga fresca. Quella dell’Olivona è un’eleganza mista a forza. È una donna bella e buona, sì, ma anche di carattere, che ha manifestato tutta la sua bellezza sia nell’analisi gustativa che in quella olfattiva.”
La grande concubina
Un poligamo lo sa bene: le caratteristiche di una concubina, spiccano sempre per confronto con le altre. È la logica dell’harem. Nicolangelo me lo conferma: “Rispetto a una Frantoia, già all’olfatto l’Olivona è una donna di quelle odorose, che emanano profumo da ogni poro. La Frantoia è una nobildonna di tutto rispetto, che riesce a starsene al suo posto senza farsi per forza notare. Nell’Olivona c’è invece tutta la prepotenza della gioventù. Era una vergine chiusa in un chiostro, sì, ma l’alchimia del frantoio l’ha trasformata in una giovane donna consapevole. Ti si impone, sì, ma con una forza che nasce dal giusto equilibrio di bellezza, eleganza, dolcezza e prepotenza.”
“Ma insomma, le vogliamo trovare un difetto? Suvvia, almeno uno.” gli chiedo incuriosita. Ma non c’è niente da fare. “Inutile. Non ne ha! Che vuole farci, lo ammetto: sono ancora innamorato cotto della mia grande concubina e non riesco a ancora a vedere altro. Ma mi dia un po’ di tempo: poi lo so, che andrò a sondare altri orizzonti. Ogni concubina ha la sua stagione.”