Dal Leone d’Oro International: un viaggio lieve nell’amaro nell’olio
Parlare dell’amaro nell’olio d’oliva è un atto di amore e coraggio che potrebbe finire in una dissertazione infinita.
E’ un sapore di cui si può parlare in tanti modi.
Potrei usare un approccio scientifico, ma non è questo che voglio fare, qui. Questo è un viaggio di tipo poetico, per continuare il mio progetto di parlare di olio usando un registro differente.
“Vi sono profumi freschi come carni di bimbo, dolci come oboi, verdi come prati – altri, corrotti, ricchi e trionfanti, che posseggono il respiro delle cose infinite, come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso; e cantano i moti dell’anima e dei sensi.” scriveva Baudelaire in “Corrispondenze”, parlando proprio di sinestesie.
Quello che distingue gli assaggi del Panel del Leone d’Oro, è un approccio edonistico-evocativo basato, però, su una solida base scientifica ed esperienziale. Nello specifico, su un database di migliaia di campioni (finalmente informatizzato) e sulla memoria olfattiva che ognuno dei miei ragazzi ha sviluppato in anni di panel di assaggio. È in base a questo storico che affrontiamo anche la trattazione di quello che forse è il più “difficile” dei sapori: l’amaro nell’olio d’oliva.
L’amaro: un sapore difficile da accettare
Un panel d’assaggio – come accennavo in un altro articolo – è un gruppo di lavoro che ha il suo principale punto di forza, oltre che nell’esperienza dei professionisti che lo compongono, anche e soprattutto nella capacità di “interagire” e sviluppare una percezione d’insieme. Capacità che deve venir stimolata e allineata dal capo panel.
È sulla base di questo metodo che si lavora sugli oli scomponendone quella che di primo acchito è una visione monodimensionale, in un vero e proprio prisma di sapori e profumi differenti. L’amaro, insieme al fruttato e al piccante, è una delle chiavi di lettura stabilite dal Metodo COI che ci permettono di leggere gli attributi positivi dell’olio di oliva. Per riconoscerlo, siamo dotati di un numero di geni incredibilmente superiore (25) rispetto a quelli che ci consentono di percepire altri sapori, come il dolce e l’umami (3) o il salato e l’acido (2) .
L’amaro fa paura
Il perché si perde nella notte dei tempi: a quando, in epoca primitiva – nella società dei cacciatori-raccoglitori – l’amaro era un indicatore di sostanze tossiche o velenose per l’organismo. L’armatura percettiva che ci corazza per riconoscerlo, è quindi stata sgrezzata e calibrata alla perfezione per scopi difensivi. Ed è per questo motivo che fra i sapori, l’amaro è il più ostico: perché in chi lo percepisce tende a scatenare una reazione repulsiva. Istintivamente, l’amaro non ci piace. Come parlarne, quindi? Come definirne le diverse accezioni e le differenti sfumature?
L’amaro nell’olio d’oliva. O meglio: gli amari secondo il mio Panel quando assaggia per il Concorso del Leone
È proprio partendo dal bagaglio esperienziale che ci siamo costruiti negli anni, che abbiamo messo a fuoco il nostro metodo. Un sistema che scompone l’amaro nell’olio d’oliva in diversi descrittori selezionati – come dicevo – in base a un’accezione prevalentemente edonistica.
Per comodità, abbiamo distinto questi aggettivi in indicatori negativi, positivi e neutri. È importante, tuttavia, sottolineare che questi descrittori non vanno presi a scatola chiusa ma considerati al netto di un doveroso margine di relatività, che ovviamente negli indicatori neutri è ancora più ampio.
DESCRITTORI NEGATIVI
- CHIUSO
- LEGNOSO
- SPIGOLOSO
La negatività di questi indicatori non è assoluta ma “funzionale”. Un amaro di tipo spigoloso, chiuso o legnoso è infatti associabile a percezioni intensamente spiacevoli che proprio in quanto tali tenderanno a mettere in sordina altri profumi. L’aspetto negativo di questi fattori consiste quindi soprattutto nella loro prevalenza sugli altri. Certe note di amaro ti prendono il cervello. Per dirla in altri termini, la definizione della qualità di un olio viene valutata in base a criteri che implicano la presenza di un ricco bouquet percettivo: pluralità di fattori e contemporaneamente equilibrio fra indicatori diversi. La stessa legge che, in musica, governa la polifonia. Là dove un sapore (per di più ostico come l’amaro) ottunde le altre sensazioni percettive, la qualità percepita di un olio tenderà quindi ad appiattirsi e a perdere spessore.
DESCRITTORI NEUTRI
- ASTRINGENTE
- AGGRESSIVO
- PUNGENTE
Nel caso di questi indicatori, l’eventuale grado di positività o negatività ha un margine di relatività molto più evidente. Prendiamo, per esempio, il caso di un amaro astringente. La positività o meno di questa caratteristica sarà determinata dall’intensità dell’astringenza. Cioè dal fatto che rispetti o meno il complesso gioco di equilibri che sottende la percezione sensoriale globale. In sé, infatti, l’astringenza è un fattore potenzialmente positivo: indica che l’oliva è stata raccolta quando era ancora abbastanza acerba, una leggera astringenza pulisce la bocca, quando si accompagna a note verdi richiama verdure o frutti croccanti.
Idem per quanto riguarda l’amaro aggressivo. Se vuoi un olio che piaccia a tutti, l’aggressività di un amaro è senz’altro un fattore negativo. Se l’obiettivo è un altro, l’amaro aggressivo potrà invece giocare come un punto a favore in fatto di ricchezza e originalità. Come negli esseri umani, l’aggressività è negativa se è sterile ma può diventare un elemento di forza se si equilibra con altri fattori.
DESCRITTORI POSITIVI
- SEMPLICE
- COMPLESSO
- CAREZZEVOLE
- MORBIDO
- DOLCE
- SOFFICE
- LISCIO
- VELLUTATO
- ELEGANTE
Già l’indicazione di due aggettivi apparentemente in contraddizione come complesso e semplice, fa da chiave di lettura a un sistema di indicatori che vanno – anche in questo caso – considerati contestualmente alle altre caratteristiche dell’olio. Per esempio, abbiamo classificato la semplicità fra gli indicatori positivi, ma con la coscienza che questa qualità si accompagna di solito a un campo più limitato di percezioni. Un amaro semplice è tendenzialmente un amaro pulito ma povero. Privo di quella tridimensionalità necessaria a sviluppare un rapporto sinestetico con altri fattori. La complessità e l’eleganza di un amaro, in questa prospettiva, indicheranno un olio più ricco.
Altri indicatori, invece – come quelli che definiscono un amaro come carezzevole, morbido o liscio – rimandano all’eleganza ma parlano anche delle tecniche di lavorazione estrattiva. Inoltre, conciliano la percezione dell’amaro anche con il neofita: un ponte percettivo che avvicina al mondo dell’alta qualità chi non la conosce. In ultima analisi, nessuno di questi aggettivi vuole essere un’etichetta: rappresenta piuttosto la punta dell’iceberg di un ben più articolato complesso di significati.
Soprattutto in quest’ottica è stata condotta la finale delle “Coratinas”, la cultivar regina nel rapporto di amore/odio nei confronti dell’amaro.
Chiudo qui questa ulteriore tappa del viaggio nella nostra analisi sensoriale, con la rinnovata convinzione che la condivisione della cultura della bellezza sia il primo passo per la salvaguardia della biodiversità (olivicola, ma anche delle persone, dei gusti, dei concorsi, delle emozioni e … dell’amaro)
Maria Paola Gabusi, Capo Panel Leone d’Oro
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