Dall’olio al mare: il Leone d’Oro abbraccia la lotta di Sea Shepherd per salvare l’ambiente
Tutto è connesso. Se c’è una cosa di cui sono fermamente convinta, è questa. Chi conosce il Leone d’Oro International e chi conosce me, lo sa bene: dietro al nostro concorso c’è una vera e propria battaglia per la salvaguardia della biodiversità olivicola e di quel tenace tessuto di piccoli produttori che la veicola. Parlare di olio di qualità, significa anche parlare di ambiente. E parlare di ambiente, vuol dire considerare l’ecosistema nella sua totalità. Non solo la terra, quindi, ma anche il mare. Ed è qui che si innesca il mio incontro con Sea Shepherd.
Il mio incontro con i “pastori del mare“
Il mio incontro con Sea Shepherd è stato la conseguenza di una serie di reazioni a catena. Tutto è iniziato guardando un documentario su Netflix – “Seaspiracy” – che mi ha aperto gli occhi su un mondo che conoscevo solo in parte: il tema dello sfruttamento degli oceani e dell’impatto deleterio dell’uomo sull’ecosistema marino. Sono vegetariana da anni sulla scia di una scelta etica e personale, ma sentendo forte l’esigenza di fare la mia piccola parte per preservare l’ecosistema terrestre, mi sono da allora ripromessa anche di non acquistare piu’ pesce .
Poi si sono aggiunti i casi della vita, a farmi capire quale poteva essere un ulteriore contributo. Una vacanza in Sicilia, l’impatto (potentissimo) con la bellezza del suo mare, l’incontro fortuito – ma gli incontri non sono mai fortuiti! – con Enrico Salierno, uno dei cofondatori di Sea Shepherd Italia: passo dopo passo, ho avuto il privilegio di conoscere un mondo fatto di tenacia e lotte quotidiane. Ed è così che i “pastori del mare” sono entrati nella mia vita. E nel destino del Leone d’Oro.
Cos’è Sea Sheperd e qual è la sua missione
A livello internazionale, Sea Shepherd è nata alla fine degli anni ’70 su iniziativa del capitano Paul Watson: uno dei fondatori di Greenpeace. In Italia, abbiamo dovuto aspettare un po’, fino a quando Enrico Salierno ha dato il via a Sea Shepherd Italia Onlus insieme ad altri volontari.
È stato lui a parlarmene e a spiegarmi l’urgenza di fare qualcosa anche in Italia e di farlo subito in quel bellissimo mare nostrum – il Mediterraneo, appunto – che è uno dei mari più sovrasfruttati del pianeta: “Il Mediterraneo è un sistema chiuso e questo rende i suoi equilibri fragilissimi. A livello di inquinamento, senza dubbio ma anche per quanto riguarda la salvaguardia dei pesci dalla pesca illegale: un flagello che colpisce tutti gli 8000 chilometri di coste che fanno da cornice al nostro Paese. Pensa che il 50-60% del pesce che arriva sui mercati italiani è frutto di attività di pesca INN cioè non dichiarate e non regolamentate.”
Guardando “Seaspiracy” mi ero detta che bisognava fare qualcosa e ora il capitano Salierno mi spiegava che loro, i pastori del mare, facevano ben più di qualcosa e lo facevano da anni. Con il grosso della loro attività proprio lì, sul nostro luogo di incontro: in Sicilia. “Siamo sbarcato in Sicilia su invito di Enzo Maiorca e di sua figlia Patrizia. Da qualche anno, qui alle Eolie, la nostra battaglia si concentra contro due obiettivi. Le spadare, innanzitutto: un sistema di pesca a rete vietato dalla Comunità Europea dagli anni Novanta. In pratica, si tratta di reti a maglie molto larghe con un by catch elevatissimo. Prova a immaginare chilometri di reti che dovrebbero servire solo per pescare tonno e pesce spada ma che in realtà finiscono per inglobare 150 specie diverse che esulano del tutto dal target di pesca. Ti parlo di uccelli di mare, tartarughe, persino balene. La nostra campagna si chiama SISO, in nome di un cucciolo di capodoglio rimasto vittima di queste reti. Le spadare sono uno dei nostri principali obiettivi. Agendo a stretto contatto con le forze dell’ordine, siamo riusciti a farne sequestrare quasi 17 km e quest’anno (per la prima volta!) nessun capodoglio è stato imbrigliato in queste trappole mortali. “
Il capitano Salierno mi parla poi dei F.A.D., un sistema di pesca che in sé non sarebbe illegale se non venisse praticato al di là dei limiti stabiliti. E se, a causa della negligenza di molti pescatori, non finisse per trasformarsi nel più massiccio inquinamento di plastica mai documentato nel Mediterraneo: “In questo caso, l’obiettivo della nostra attività non è tanto la pesca illegale ma l’inquinamento ambientale. Anzi, a voler essere giusti, l’entità del fenomeno è tale che potremmo parlare di vero e proprio disastro ambientale. Lottare contro questo problema significa ripulire il mare e salvare i pesci che lo abitano e che finiscono per ingurgitare plastica. Stiamo ottenendo dei buoni risultati ma la nostra è una vera e propria lotta di Davide contro Golia. Avremmo bisogno di fare molto, molto di più. E per farlo, ci servono più risorse.”
Cosa può fare il Leone d’Oro International per Sea Shepherd?
La battaglia dei “pastori del mare” è una guerra che appartiene a tutti perché riguarda una risorsa comune. Dove finisce la terra inizia il mare, dove finisce il mare inizia il cielo: la natura è un continuum. Per questo, quella in difesa della natura non può essere una lotta che procede per compartimenti stagni, coltivando solo il proprio orticello. Ognuno può e deve fare qualcosa. E il Leone d’Oro ha deciso di fare la sua parte. Come? Mettendo a disposizione di Sea Shepherd il suo oro: cioè l’olio.
L’intervento del Leone d’Oro è stato limato e calibrato in sinergia con i “pastori”. “Sulle nostre navi si mangia esclusivamente vegano. E capirai, visto il lavoro che facciamo non mangiamo poco! Se partissimo da qui?” mi ha suggerito Enrico Salierno. Ed ecco che ho capito cosa potevamo fare.
Alla fine di ogni concorso del Leone d’Oro rimane un certo numero di bottiglie di olio d’oliva di altissima qualità. Perché non rimettere in circolo questa ricchezza regalando il nostro olio agli equipaggi? Donare olio prezioso come quello che esce dai nostri concorsi non significa offrire un puro e semplice alimento, ma nutrire nel vero senso del termine, puntando sull’alta qualità.
Nel nostro caso, questa azione implica anche il fatto di rimettere in circolo e rendere utile una risorsa che, accantonata, finirebbe per stagnare e trasformarsi in spreco. Questione di blue economy o di economia circolare. In più, gli oli del Leone sono diventati anche dei doni di valore per i donors che contribuiscono alle attività di Sea Shepherd: il che significa raccontare il mondo dell’olio e della biodiversità olivicola creando un ulteriore link in grado di mettere in luce i piccoli produttori e il valore del loro lavoro. Dopodiché… chi vivrà vedrà. Per contribuire alla lotta di Sea Shepherd, il Leone d’Oro ha anche altri progetti in serbo per il 2022.
Intanto, due navi di Sea Shepherd sono salpate per l’Africa con i nostri oli a bordo. E a saperlo, mi si allarga il cuore.
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